Docg Barbaresco Riserva – Rabajà – Giuseppe Cortese 1999

E poi succede. Succede che sei nel posto giusto, con gli amici “che ci capiscono”, che uno dei commensali esprima un desiderio preciso ed irrefrenabile, direi spiazzante e che passi a te il librone/bibbia della carta, succede che tu debba scegliere e succede che scegli.
Ebbene, è successo.
Vorrei essere chiaro, senza mezze misure: è successo che ho bevuto uno dei miei migliori bicchieri.
Importante, elegante, fine, facile, difficile, austero, giocoso, profumato e chiuso. Il Rabajà Riserva di Cortese, cru del cru di Barbaresco, è un vino da declamare, da annunciare, da condividere. Il millesimo è il ’99, perchè ormai ha già assunto un qualcerto significato parlare dello scorso secolo, del passato millennio.
Il colore è profondo, di una bellezza oscura, brillante e nero il cuore, la superficie si muove lenta, lasciando intravvedere un bordo ammantato d’amaranto. Sarò pure matto (e lo sono), ma mi sono commosso davanti al colore di questo Barbaresco, l’ho trovato più grande di me, superiore alla mia capacità di distinguere e di ricordare. Il silenzio potrebbe essere l’unica descrizione davvero efficace.
Avvicinare al naso il Rabajà è il momento perfetto in cui realizzi che hai fatto bene a provare, assaggiare, approcciare, studiare, desiderare il vino, ad innamorarti esageratamente di questo prodotto fatto dalla terra e dalle persone. Il naso si riempie subito di un volume inaudito di complessità, quasi che le decine di sfumature presenti nel bicchiere avessero deciso di fondersi al contatto col vetro per diventare un’unica, nuovissima, intensa e meravigliosa nota descrittiva: Rabajà Riserva. Volendo cogliere, cercando di distinguere ad ogni costo, sono stupefacenti gli odori terrosi e umidi, verdi e rossi, profondamente terziari, di questo bicchiere. Elegantissimi, geniali, ti spiazzano comunque per intensità, quasi come fossero note strozzate emesse dalla tromba santa e incappucciata di Miles Davis. Poi le rose vecchie, quel profumo che gioca sul limite, buonissimo, poi ancora una dolcezza secca e schietta, quasi fosse farina di castagne, di quelle grandi. Non identificabile il frutto, rosso e piccolissimo, ma spiritato di forza propria, ancora tenace. Sbalorditivo.
Il sorso mi ha, sinceramente, spaventato. Una forza di un’eleganza impossibile da raccontare, dodici anni di perfezione equilibristica, palato tonico, vivo, un crescendo che dal centro della lingua fa esplodere il tannino rotolante e sinuoso nella gola. La freschezza (ma come ha fatto?!) sostiene sempre e tutto il sorso, le papille impazziscono, il cuore batte forte, gli occhi luccicano. Tornano per almeno un intero minuto, i frutti al naso, il verde ingiallito, la terra saporita.
Una bottiglia che non dimenticherò.Voto_9.5

2 pensieri su “Docg Barbaresco Riserva – Rabajà – Giuseppe Cortese 1999”

  1. Penso sinceramente che tu abbia raggiunto uno stato di grazia "artistica" encomiabile.
    Spero che tu possa ancora migliorare, ma non riesco ancora ad immaginare, migliorando, dove tu possa arrivare.
    Complimenti !

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