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AOC Pouilly-Fumè – Pouilly-Fumè – Domaine Alexandre Bain 2009

I cavalli tra i filari, usa i cavalli in vigna“.
La Bottiglia viene presentata con questo racconto che non è solo premessa romantica, ma è sostanza e struttura del vino che produce Alexandre Bain. Sauvignon blanc in tutto lo splendore della denominazione regina della Loira, Pouilly-Fumè. Una vinificazione di concezione semplicemente naturale: dalla vigna (i famosi cavalli) alla bottiglia. Nessun trattamento, nessuna correzione, filtrazioni giammai, solforosa forse e comunque davvero poca.
Il colore è d’oro consumato. Ricco di lacrime, questo giallo terso è uno spettacolo di giochi rilucenti e di insospettabili trasparenze. Il bicchiere è corposo e pesante, un bel viaggiare.
Naso che è fascino e forza. Nasconde, e lo fa bene, la sua identità. “Sauvignon si, ma fino ad un certo punto” sembra sussurrare alle narici. Gli accenti polposi di pomi gialli ci sono, belli nitidi, avvolti in mazzi di fiori verdi, freschi e profumati di buono, ma questa polvere terrosa e alcolica, queste zolle di sasso, sono eccezionali. Opposte, le due famigliuole aromatiche si respingono e si uniscono, creando un equilibrio armonico che incanta, o meglio, ipnotizza, come una Quadriglia agitata e colorata. Bellissimo.
In bocca la freschezza è un’ondata, come quando da piccolo, al mare, cercavi la sfida con la spuma salata ed il vento; vincevano loro, come sempre, e tu ti ritrovavi a desiderare di poter respirare con i piedi. Così è il sorso, freschissimo, pieno e lungo. Il palato, invidioso del naso, si presta volentieri a diventare testimone del misterioso equilibrio tra il velluto della pesca ed un sasso tagliente. Bicchiere difficile da dimenticare.

Voto_9.1

Appellation Alsace Gran Cru Contrôlée – Grand Cru Brand Gewurztraminer – Albert Boxler 1997

Piccoli miracoli, anzi parlerò di miracoli piccoletti.
A mio nonno (classe ’14) piaceva spesso raccontare di quando i  giovani e  sempre più impauriti soldati della Wehrmacht in rastrellamento, non lo videro. Lui, che già era scappato dalla sua Trastevere bombardata, era sdraiato tra le canne e la melma, sulle rive del Serchia Serchio, accanto a Lucca. Lui era lì, loro erano lì, si nascondeva approssimativamente, eppure non lo videro, o non lo vollero vedere. Concludeva sempre così il racconto: “Un  miracolo piccoletto, piccoletto come me” e rideva, di gusto.
Se il vino è emozione, se il vino è ricordo, questo racconto piccolo calza a pennello per questa Bottiglia.
L’Alsazia è terra ostica, crucchi francesi, poco da aggiungere. Ma quelle terre sanno regalare frutti eccezionali, profumi e mineralità quasi irraggiungibili. Questo Gewurz ha il colore delle pepite grezze, dell’oro sporco e, per questo, ancora più prezioso. Regala al bicchiere densità e concentrazione, architetture d’ambra.
Il naso è semplicemente, magnificamente infinito. Un incanto, puoi cercare quello che vuoi, e trovarlo. Frutte candite morbide o fresche spigolose, gialle o tropicali, la polpa della pesca che sgocciola, la finezza delle spezie preziose, del pepe dolce, della cannella da pastrugnare, e poi minerale, quella nota salata al naso che in me scatena dipendenza fisica. Oppure i fiori, che poi, in fondo, di trovare ad ogni costo il “bouquet floreale” nel vino non me ne è mai fregato una beata .., ma stavolta non posso non ascoltare questa pungenza intensa e dolcissima, quasi appiccicosa del glicine, dell’acacia, del fiore di sambuco. Una meraviglia.
Dopo questo tempo il sorso ancora vibra. Concentrato, abboccato,  polputo, non stona mai. La freschezza sostiene ancora, con la saggezza dei lustri, un sorso giustamente caldo, elegantissimo, che vorremmo di persistenza infinita ma che invece chiude con una certa e più che giustificata sveltezza.
Un perfetto, piccolo miracolo. Anzi, un miracolo piccoletto.
Voto_9.5
un grazie ad Andrea “Barone” Ricci, donatore enoico
un non grazie a Boxler per aver scelto la 50 cl per i suoi vini, quei 25 cl che mancano li rimpiangerò per sempre …

Champagne – Brut Blanc de Blancs – Chardonnet & Fils s.a.

Bella bottiglia. Un bianco di bianchi ineccepibile, la cantina di Avize che sorge nel cuore della Grand Cru champagnista è sempre coerente e ben equilibrata.
Mi sorprende, e non poco, per l’intelligente rapporto qualità/prezzo/soddisfazione. E poi, qua si parla di chardonnay al cientoperciento, ma di quello buono, dell’ingessata Côte des Blancs, terreno (terroir?) d’elezione e d’elevazione per questo vitignaccio quando si tratta di bollicine.
Il bicchiere è decisamente rassicurante. Il paglierino brilla, le presa spumosa color avorio è soffice quanto velocissima, le bolle sono piccole, rapide, tante ed eleganti. Diciamo che perlage stavolta ci azzecca (francesismo!).
Il naso è puro piacere, tutto è come deve essere per un vino che ha fatto, come minimo, 3 anni sui lieviti; è compatto e aggraziato, con una marcia in più: l’eleganza. Intensità e finezza si compensano; tra i tanti fiori freschi, spicca la frutta polposa bianca, le note della nocciola, una precisa, netta sfumatura di cioccolata bianca, una mineralità piacevole ma non spinta.
In bocca, ampio e largo, si ricompone svelto e preciso al centro della lingua, aggiustandosi il papillon. Gradevolissima la vena acida che persiste, accompagnando il finale morbidamente sapido. Un piccolo miracolo considerando che non si tratta di millesimo.

Voto_8.0

Appellation Mercurey Controlèe – Mercurey Chardonnay – Domain Michel Juillot 2002

C’è qualcosa che strusa“.
Il mio espertissimo amico enofrancofilo Daniele così sentenzia, con un ineccepibile linguaggio tecnico, dopo neanche 20 secondi netti! Record assoluto!
Ma come? Io sto ancora volteggiando il bicchiere come nemmanco il miglior Albanese dell’anno, che lui già spegne ogni velleità? E questo colore? Questo formidabile e limpido dorato, riflessi da gioiellere di lungo (ma anche breve) corso, dove lo mettiamo?
E poi questo pugno di burro di cocco (o di cocco al burro)? Nemmeno il miglior laboratorio di Cocada di Rio de Janeiro avrebbe potuto far meglio!
Solo che poi si apre, ed in effetti, qualcosa strusa. C’è quella nota lì, che tu non vorresti mai sentire sopratutto se il tappo si dimostra perfettamente integro e che a volte ti parla di vecchiaia, a volte di calore, a volte di gelo, a volte di tutto questo insieme. La nota ossidata e profonda copre presto i finali che cominciavano finalmente a diventare complessi.
In bocca, invece, la malefica reazione è subito protagonista, e rimpiangi di non aver bevuto quel bicchiere qualche tempo prima, perchè tutto ciò che comunque riesce a rivelarsi dietro il manto ossidato … è tanta, ma tanta, fresca, citrica, elegante e fluida roba! Pazienza, la bottiglia non era mica la mia … :))

Voto_s.v.

ps: la bottiglia è stata elegantemente, strusamente, ossidamente e comunquemente (cit.) finita!

Champagne – Brut Carte d’Or – Autrèau Lasnot s.a.

Non male questa bottiglietta natalizia.
Tra le migliaia di miliardi di hl che ho trangugiato tra il 20 ed il 31 dicembre dell’ormai defunto venti&dieci, questo champagnino base mi ha piacevolmente colpito.
Il medio-piccolo vignaiolo indipendente di Venteuil (a pochi km ad est da Epernay), produce questo brut Carte d’Or base con una certa grazia leggera. Fine e non troppo spinto, come piacciono a me.
Bello il colore, un paglia brillante, bella la spuma veloce, la bolla è calibrata, fine, persiste e resiste a lungo.
Naso come-te-lo-aspetti, un po meraviglia la croccantezza della pera, piacevolissima la nota agrumata all’arancia, in fondo sento una nota fresca, quasi silvestre. Quasi nulle le sensazioni minerali.
La bocca riserva, a mio parere, le note più piacevoli. Ingresso leggero a crescere, secco e fresco. Rimane li un bel pò, e si allunga piacevolmente. Bell’equilibrio in bocca. Davvero.
Voto_7.1