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Come se la terra non avesse più importanza

Più il mio viaggio dentro le cose del vino si allunga, più conosco persone, pezzi di terra e bicchieri da svuotare. E più, questo viaggio, mi inquieta.

Più vai avanti, più le curve si fanno strette, spariscono i guard(i)a rail e ogni svolta diventa un respiro corto, trattenuto. Più ascolti le persone del vino, più ti avvicini a chi la terra la smuove e le mani le usa anche per non tastare i tasti, e più le curve aumentano, il respiro diventa trattenuto, a volte conato. La felicità diventa paura, a volte nausea. Perché viaggiare in questo modo dentro questo mondo vuol dire, come in ogni viaggio, prendere una direzione, una via. Fare una scelta. Vivere.

La strada che sto percorrendo io è quella delle persone che fanno il vino. Lo fanno con passione, tutte. In pochi ci vivono molto bene, la maggior parte ci vive con dignità, altri rischiano di non viverci. La strada che sto percorrendo io è quella che porta agli agricoltori che allevano vigne, che poi trasformano i grappoli in bottiglie. La mia strada mi porta verso i vignaioli. Ed è la strada.

Perché più la percorri, questa carraia scavata da ruote pesanti, spesso troppo pesanti, più parli con le persone che fanno il vino, più qualcosa ti preoccupa, ti spaventa, ti inguaia l’anima. Come se, proprio tu, dovessi trovare una soluzione, come se esplodesse un’urgenza di condivisione, una irrazionale e morettiana voglia di strattonare il prossimo e urlargli in faccia “non è così che deve andare, non hanno ragione tutti, non possono avere ragione tutti. Come fate a non capire? Hanno ragione solamente loro”.

La strada la percorro, curve, conati, nausea, per poter capire, per poter camminare, per poter trascinare con me le parole di Lino Maga e non essere mai, mai tra quelli che vivono e raccontano di vino “come se la terra non avesse più importanza“.