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Dop Sangiovese di Romagna Sup. – Castrum Castrocari – Marta Valpiani 2009 – parte seconda

Come da categoriche istruzioni ricevute, eccomi a stappare la seconda boccia del Sangiovese Superiore Castrum Castrocari, il vino di Elisa Mazzavillani.

Bell’idea quella di Elisa: l’assaggio distante appena sei mesi rivela l’evoluzione a breve della bottiglia, fattore che ho sperimentato rare e casuali volte.

Il bicchiere non è cambiato nel colore, non si è ispessito, piuttosto è nei profumi che i mesi hanno agito con tenacia: più volume, più ampiezza di tutte le componenti fruttose, una educatissima trasparenza di tabacco fine, fresco, un’evoluzione gentilissima e ancora bellamente futuribile insomma.

Le differenze più marcate interessano il sorso, che si fa molto più composto e centrato, fresco e pieno, goloso eppure semplicemente bevibile. Quella nota amara così stonata appena sei mesi fa, si è fatta bella, è diventata chiusura elegante, quasi personale. Il caldo si è placato, l’equilibrio ha coperto le eccessive morbidezze “estive”, il sorso scorre con più efficacia, più stile, più soddisfazione.

Il tempo ha aiutato questo Sangiovese a diventare bello e, con molte probabilità, lo aiuterà ancora.

Dop Sangiovese di Romagna Sup. – Castrum Castrocari – Marta Valpiani 2009

Elisa Mazzavillani scrive in maniera risoluta e schietta, come piace a me. La prima volta del suo Superiore vuole condividerla con la rete, con alcuni assaggiatori seriali, virali. Un approccio più che corretto: campione di 2 bottiglie, una sola regola, la prima si assaggia entro maggio, l’altra entro la fine di quest’anno lungo e tremante.

Il Sangiovese di Elisa (e di Marta, la madre, si tratta di una cantina di sole donne) fa una lunga macerazione a freddo, ribolle nell’acciaio, poi riposa tra legni non nuovi per dei mesi. Il colore è di rubiconda trasparenza ma scuro al cuore. I segni della gioventù si fanno brillanti, lucenti e bordati di scarlatto.

Il naso è ancora una promessa, in termini quantitativi, di quello che sarà: un frutto rosso, anche scuro, forse incupito, poi tante viole odorose, umide e un sottile pizzicore pepato, ma di quello buono, chiaro. In bocca sorprende il tannino già piuttosto fine anche se ancora nella sua pienezza verdeggiante, l’acidità che sostiene appena sul filo un sorso succoso, caldo, completo. Ancora poco integrata invece la nota minerale, viva e molto interessante, ma che tende ad un apostrofo amarognolo fuori dal coro. Normalmente non mi fisso sulle temperature di servizio, ma è stato divertente tuffare la bottiglia nell’acqua fredda e godere di alcuni bicchieri rinfrescati, e allora il timone ha puntato dritto alla bevibilità più godereccia.

Un bicchiere piacevole che incuriosisce, e tanto, soprattutto in prospettiva breve, dove si assisterà ad una crescita quantitativa dei profumi, oppure ad una versione ancora più elegante nel sorso, coccolato da fruttosità più polpose. Chissà … Il vino è cosa viva, è un bambino che ha carattere e la strada da prendere, quella decisiva, se la sceglie da solo.