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Terroirvino. Punto.

C’è sempre un’occasione, una festa che aspetti, che sai che comunque vada, tu sarai felice. Per me quel momento è Terroirvino, per ragioni talmente semplici da essere inequivocabilmente splendide: gli amici ed il vino.

Quest’anno poi potrò condividere con un manipolo di incoscienti e coraggiosi qualche idea che mi sono fatto su un vitigno che amo perdutamente, il Vermentino. Cinque storie, cinque bottiglie, cinque interpretazioni, tutte, va senza dire, dell’Isola dove son nato.

Non posso, non voglio desiderare altro. Almeno fino a lunedì.

IGT (Vermentino di) Maremma Toscana – Ariento – Massa Vecchia 2007

Beh vabbè … questo è un vermentino bellissimo. C’è poco da dire. Categoria “vino senza filtrazioni & poca solforosa”, è un piccolo racconto. Innanzitutto le vigne che respirano mare senza vederlo troppo da vicino e poi il vitigno, quel vermentino toscano, o meglio, maremmano, con la sua spalla ossuta e prepotente.
Il colore è quello dei vini fatti così: il giallo d’orzo velato ma luccicoso, birroso, tanto estratto e nessuna filtrazione. L’onda è compatta, gli archi pigri sul bicchiere, niente male, a me piacciono tanto i vini che si muovono così.
L’olfattivo è interessantissimo. Le bucce sono state là per tutta la fermentazione, e si sente. Nessun difetto, ma tanta forza. Netta la nota minerale e quasi terrosa, umida. Poi la frutta  dolce ma non troppo: pesca e tanto melone bianco su tutto. Infine una nota quasi balsamica, un unguento tirrenico miracoloso e profumatissimo. Non so esattamente cosa sia, ma va benissimo così.
Il sorso è uno spettacolo. Dritto, pieno, una freschezza solida e pulita, piena, accompagna una polposità mica da scherzare. Bellissima la nota sapida, iodata, un deciso apostrofo salmastro, che non peggiora di una virgola l’equilibrio estremista del bicchiere, anzi lo arricchisce enormemente. Una nota di merito per Mr. Alcol; sta lì, c’è, ma è davvero un signore gentile e garbato, perfetto accompagnatore.
A me è piaciuto davvero tanto.

Voto_8.6 

p.s. ringrazio il puntofermo Stefano Caffarri per avermi comunicato lo sdegno che ha suscitato in lui l’aggettivo “iodato”. In effetti è proprio brutto, per la serie “sbagliando si impara”.

DOC Vermentino di Sardegna – Arvali – Ferruccio Deiana 2008

Seguo Ferruccio Deiana da tempo (fine anni 90), l’ho visto sviluppare, di anno in anno, la qualità dei prodotti. Deiana ha sempre pensato che quelle uve, su quel territorio, potessero rendere in cantina molto bene. Ergo, buona e corretta tecnologia enologica, strumenti semplici ma avanzati, come ad esempio le sue gloriose vasche di inox a temperatura supercontrollata (ma non troppo) o la macchina pigiatrice più all’avanguardia e delicata che abbia mai avuto modo di vedere.
Arvali è il suo Vermentino di Sardegna top, uve molto mature, raccolta fatta davvero tardi. Giallo molto dorato, ha una consistenza al bicchiere che entusiasma, è brillante.
Naso forte, d’impatto, la frutta matura che spinge, le piccole pesche gialle, il melone zuccheroso, ancora frutta dolce. Bouquet stemperato da una nota minerale netta, presente sempre, una bellissima tavola su cui si (di)stende ogni accoppiamento e riconoscimento olfattivo.
La bocca ha grande pienezza, l’alcol forse accompagna troppo, o per troppo tempo, il sorso, ma il bicchiere conserva sempre e comunque un suo equilibrio estremo. A me piace molto.
Belli i vini di Deiana, interessante in particolare l’Arvali perchè rappresenta un bell’esercizio per i vermentinologi come me (!!): un Sardegna che si posiziona, per alcolicità, pienezza e dolcezze nasali, alla pari di un buon Gallura, mostrando che le spalle sono solide ed i muscoli luccicanti.

Voto_7.8

VDT Matteu – Altacutena s.a.

“Scrivo di un un vino emozionante..”
Questo è l’incipit che mi balza all’occhione stranamente attento. Il Caf così esordisce (qui)? La cosa mi fa drizzare pelle, peli .. (mi fermo qua, per decenza e realismo) e mi fa leggere con voracità la recensione della tastiera più interessante dell’attuale panorama wi-fu italiano.
Che succede? Scopro che il vino è il MIO vino, è il Vermentino. Di Gallura.
AVVERTENZA
Da questo momento in poi la mia seppur minima decenza oggettivistica cessa di esistere.
Si parla di una Bottiglia, di un vino non facile, come sono i galluresi, di un bicchiere che sta tra la conchiglia ed il cisto, tra la battigia e l’erica.
Paglierino brillante, come solo il riflesso della roccia, a volte, sa essere.
“Sa di castelli di sabbia” scrive il Caf, beh … che ci crediate o no, condizionamenti a parte, al naso si sprigiona, nella sua quasi insensata complessità, una mineralità che sa di salmastro e maestrale, di mare, di Sardegna. Frutta gialla, macchia (ginepro, mirto), melone bianco maturo, e poi aromaticità folle (eucalipto dice il Caf, io sento un unguento ancora più mediterraneo, quasi fosse del rosmarino … balsamico).
In bocca è semplicemente perfetto. Un alternarsi di secchezze nitide, dure e fresche, e di strane morbidezze aromatiche, centrate sulla lingua, molto volatili. E poi c’è ancora frutta dolce, gialla e matura, nel finale.
Persistenza è termine impreciso. Resistenza già meglio. Esistenza quello più corretto. Infinita.
Il papà del Capichera (Sebastiano Ragnedda) ne ha combinata un’altra delle sue, è uscito dal disciplinare, usa annate diverse, filtra da tini piccoli a quelli grandi e viceversa, alambicca, crea, distrugge e ricrea.
Forse uno dei migliori assaggi della mia vita.

Voto_9.5


un grazie a Stefano Caffarri, puntofermo
due grazie a Piero Careddu, chef e Maestro
1000 grazie a mio Padre, cultore della Materia ed enoico (o eroico?) mecenate (bottiglia/gioiello da lui offerta)