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Igt Toscana – Tinnari – Az. Agricola Il Giardino 2010

Sergio Falzari è un ragazzo al quale devi prestare da subito la tua attenzione. E non per ragioni di fascino mistico o magico magnetismo: il motivo è che Sergio sa ascoltare, sempre e tutti. Spiega i suoi vini, sì, ma è palpabile il desiderio di scavalcare le sue parole per accogliere quelle di chi ha di fronte. Vuole sapere, percepire dove e come migliorare, dando per scontato il se. L’ho conosciuto al ViViT, semivicino di banco. Mi ha dato una delle sue bottiglie da assaggiare, quella che mi aveva incuriosito tanto: trebbiano toscano in purezza, scelta non semplice da incontrare, tutto rigorosamente bio.

Il terreno è quello di Vinci, terrazze di olivi e vigneti. Il vino fa solo acciaio, una buona macerazione, neanche troppo estrema. Semplicemente, è un vino ben fatto, uno di quei vini che si fanno tanto in vigna e poco in cantina.

Paglia fitta, spessa, un giallo carico colora il vetro. Belli i profumi, freschi e vivi, di glicine e pesca, di piccole complicazioni seducenti, tratti terrosi ancora poco educati ma certamente affascinanti. Un naso senza complessità cervellotiche, ma personale e schietto e che, con lo scaldarsi del bicchiere, si apre eccome, anche in potenza, pur mantenendo quel tratto spesso e profondo, una vinosità profumata.

Il sorso è tremendamente bevibile se pur corpacciuto come non ti aspetteresti. Bello l’agrappo acido, smorzato dalla tenerezza di un frutto giallo che diventerà senz’altro più dolce con il passare del tempo. Un vino potenziale, già molto interessante, ma che Sergio saprà far crescere, ascoltando i consigli altrui ma, soprattutto, le proprie idee.

Voto_7.4

 

Docg Chianti Colli Senesi – Pacina 2006

Incontrare bicchieri come questo ti fa fare pace con il mondo intero, nel caso ci avessi litigato. Bicchiere portentoso: ricco, voluminoso, lungo, divertente, serio, cangiante, potente, succoso, pastoso, fresco, bio, buono. Ho conosciuto fugacemente Stefano Borsa e Giovanna Tiezzi, ma mi è bastato ascoltarli pochi minuti, per capire, una volta in più, come il vino sia indissolubilmente legato alle persone che lo fanno. Sì,  va bene il territorio, ma le persone, signori miei, gli agricoltori che fanno il vino, i vignaioli con le loro idee, sono tutto quello che serve per dare personalità e sostanza alla boccia.

Il colore di questo bicchiere è semplicemente splendente, poche palle. Senza indugio dico arteriosamente granato (si, ho detto granato), vivo, palpitante, con il cuore che si fa più scuro e il bordo che traspare una lucentezza originalissima. Il naso è un’apoteosi di trasformazioni irragionevoli e goduriose: l’apertura è fatta di frutta più acida che dolce, come il melograno sgranato che lasci a riposare nel piatto, poi l’amarena piccola, ancora indietro, che ti accompagna verso erbe odorose, timo e origano. A questo punto respiri aria pulita, mentre l’occhietto si inumidisce. Pensi a come ti sei ridotto con questa insana passione del vino, smetti di sorridere da solo e rituffi il naso nel bicchiere. A questo punto sei pronto per la piccantezza, intensa e gialla, pare curry e poi una dolcezza severa, misuratissima ma necessaria, quasi fosse cannella consumata, a chiudere un naso che soddisfa oltre ogni immaginazione.

In bocca è giusto, il frutto rosso, succoso e tabagista combatte egregiamente una carica tannica ancora vigorosa, profondamente sangiovistica. Paradossalmente e miracolosamente il sorso è equilibrato nel suo sbilanciamento verso il difficile, ma mai verso l’estremo. Una bottiglia splendida, mi è piaciuto in maniera commovente.

Voto_9.1